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Sculture
e altre percezioni di Daniela Emanuela Negri Segni
del presente solcano lievi la materia antica, la pietra. Segni che cercano una
identità e una presenza nel luogo forse eterno della roccia; come la vita
umana, la sensibile gestualità che traccia e incide, lascia una presenza
discreta e percettibile solo a colui che altro da sé conosce e in sé riapre le
continue stratificazioni sue. L’anima, forse il pensiero, in sé così non
facile da racchiudere nelle logiche necessarie del linguaggio, cerca sé nel
suo convivere nella comunità di simili. Lo
speleologo innamorato, fervente di passione avverte l’immensa misura della
materia di cui è parte, ed anche studioso conoscitore. Il geologo carezza fiero
e intimorito l’immane potenza di filiali rocciose al grande corpo della Terra.
Il poeta, l’artista, lo scultore, l’uomo insomma sanno, però, che... Acqua
fuoco terra non per generare ma per significare, testimoniare anche, brani di
esistenza, di transiti, apparizioni e dissolvenze del vivere. Daniela incide le
sue parole nella pietra, scalpella i suoi pensieri sulla carta, annota brani di
poesia e segni che novelli le affiorano dall’arcano "inconosciuto". Il
perturbabile affiora per non incutere più disagio, si presenta con la sua
faccia, nella sua evidenza e diviene così, forse, più comprensibile, meno
minaccioso di quando abitava corpi diversi, pensieri alterni e diseguali ma
simili, di chiusura e clausura nello hortus conclusus di orizzonti limiti.
Aperture e comunicazioni pervadono così l’abitabile di possibili e feconde
incamminate percezioni. La
fonte è luogo di ‘terminanza’ di viaggi trascorsi nel fragore del presente
immoto, terminante nell’abitabile visibilità e imprevisto di una più
ascoltata presenza. Le
pietre significano geografie e luoghi, appartenenze e ricongiungimenti,
epidermide commovente dagli strali dell’atmosferico sferzata. La
città è giunta, più ancora la città è edificata dalla giovane seduttrice
‘ars aedificatoria’ donna docile e forte molto. Città
di fiumi, città di campane, di torri pendoli e pozzi.
Alessandro Chiodo. |
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